Questo
G20 è pericoloso
Di
Carlo Pelanda (21-9-2009)
Obama ha dichiarato la fine del G8. La gestione
dell’economia globale passerà al G20. Si tratta di una
scelta storica con conseguenze enormi che è meglio
valutare subito per tentare di correggere quelle negative.
La missione
principale del G8 era quella di coordinare le principali potenze economiche del mondo di allora
per la prevenzione e gestione di crisi a raggio mondiale. Nell’ultimo decennio
sono emerse nuove potenze economiche, quali Cina, India, Brasile, ecc., e le democrazie occidentali più la Russia rappresentano una
quota minore della ricchezza mondiale. Pertanto prima o poi
sarebbe stato necessario coinvolgere le nazioni emergenti perché senza di loro
non avrebbe avuto senso realistico parlare di gestione comune del mercato
globale. Le nazioni del G20 rappresentano l’85% del Pil mondiale. Ma ci sono, anzi
c’erano, diversi modi per allargare il club. Uno di questi – proposto nel mio
libro la “Grande alleanza” nel 2007, era quello di
includere nel G8 altre democrazie, quali l’India, il Brasile, l’Australia,
ecc., in modo da formare un gruppo omogeneo di nazioni leader basate sul
modello di “capitalismo democratico” e con interessi comuni non solo economici,
ma anche di sicurezza. Tale “Lega delle democrazie”, adottando il nome che McCain diede nella campagna elettorale del 2008 al concetto
di “Grande alleanza”, sarebbe stato un organismo più
solido di governo globale. Quale differenza con il G20? Questo include la Cina
ed altri Paesi basati sul modello di capitalismo autoritario. I loro interessi
fondamentali sono diversi da quelle delle democrazie. La loro stabilità interna
è esposta alla volatilità perché i cambi di potere, per assenza di istituzioni democratiche, avvengono attraverso conflitti
non regolati che facilmente possono sfociare in destabilizzazioni. Quanto
tranquilli possiamo stare nell’avere la Cina non solo
al centro del mercato globale, ma anche, d’ora in poi, con il potere di
influenzarne gli standard? Oggi le élite cinesi sono
di rimarchevole qualità e furbizia, ma si tratta di una dittatura
intrinsecamente instabile. Senza democrazia il modello economico interno resta sbilanciato per difetto di redistribuzione
di massa della ricchezza. La trasparenza finanziaria in una dittatura è una
battuta di spirito. Far dipendere la stabilità monetaria globale
e la nostra ricchezza nazionale dalla Cina è un atto di sorprendente
imprudenza. Includere nel governo globale un regime
nazionalsocialista – che mantiene i campi di concentramento (Laobai) dove mensilmente muoiono di stenti migliaia di
dissidenti – è una resa della civiltà democratica all’autoritarismo emergente.
Senza democrazia il capitalismo torna selettivo ed instabile. Una Lega delle
democrazie sarebbe stata forte abbastanza per incentivare
le altre nazioni emergenti a diventare gradualmente democratiche. Il G20 a
dominio cinese non lo sarà perché non lo vorrà. Tutto perso, tra cui la
rilevanza dell’Italia che nel G20 conterà nulla? Ovviamente no.
Sarà sempre possibile entro il G20 costruire il club maggioritario delle
democrazie. Ma Obama
preferisce un G20 che è contorno per l’accordo G2 tra America e Cina. La
seconda comprerà più debito americano e Obama potrà
così accelerare la ripresa statunitense in tempo per usare il successo nelle
elezioni presidenziali del 2012. In cambio Obama ha
concesso alla Cina una configurazione G20 che la porta
al centro del mondo. Per questo il G20 è solo una cornice di un G2
sino-americano che esclude gli europei. Per questo la priorità è bilanciarlo con
un G-2 euroamericano, costringendo Obama a farlo a costo di ricattarlo come ha fatto
Pechino.
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